Associazione Culturale VARZI VIVA
Il Mulino Pellegro


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Mulino Pellegro è una località del comune di S. Margherita Staffora, situata sulla riva sinistra del torrente Staffora di fronte alla frazione Casanova Destra.

Questo luogo prende il nome dalla presenza di un mulino ad acqua, l'ultimo rimasto intatto ed ancora funzionante della vallata; Pellegro era il nome dell'antico proprietario.

Alcune documentazioni rivelano che fin dal 1275 esisteva in questo luogo un mulino chiamato "falchio", proprietà dei Malaspina (feudatari di queste terre per oltre due secoli). Altri documenti dell'archivio comunale riportano notizie sulla sua storia, nel 1821 era chiamato "sito d'osteria con mulino", nel 1835 il mulino è stato ristrutturato dal proprietario Pellegro Negruzzi e da allora prese il nome di Mulino Pellegro.

L'ultimo mugnaio fu mio padre Giacomo Negruzzi, morto ormai da alcuni anni. La mia è stata una generazione di mugnai, questo lavoro veniva trasmesso da padre in figlio fin dall'ottocento. Quante volte mio padre mi raccontava della sua vita passata, del suo lavoro, del suo mulino soprattutto nei suoi ultimi anni, quando per la malattia era costretto a stare a riposo. Ne parlava volentieri con entusiasmo come se rivivesse ancora quei momenti.

Mi diceva che il mulino ai sui tempi era un luogo di incontri, perché vi si incontravano persone di paesi diversi, che, attendendo il loro turno per poter macinare, chiacchieravano scambiandosi idee, novità e a volte concludevano affari, vendevano animali, attrezzi da lavoro, qualche pezzo di terra. Per macinare non c'erano prenotazioni, chi prima arrivava, prima veniva servito, e durante la mietitura spesso accadeva di dover lavorare anche di notte per soddisfare tutti.

A volte erano i contadini a caricare i loro sacchi sulle slitte e portarli al mulino, a volte invece era il mugnaio che mandava i suoi garzoni (mio padre negli anni 40-50 ne aveva tre) a fare il giro dei clienti che caricavano sui muli i cereali, per poi consegnare a domicilio i macinati. Quando potevano, i contadini preferivano andare al mulino di persona, temendo di ricevere una farina che non fosse quella dei loro cereali. Partivano al mattino presto, e se a mezzogiorno il lavoro non era ancora terminato, mangiavano sotto un portico il pane e il companatico portato da casa.

Il mulino aveva una presa principale per l'acqua nel torrente Staffora e alcune prese secondarie più piccole, collegate ai ruscelli come quella del fosso di Cignolo. L'acqua, ancora oggi, viene convogliata in un piccolo bacino a monte del mulino attraverso una roggia, un fossetto largo e profondo circa 70 centimetri, nel quale sono inseriti degli incastri di legno per regolarne o deviarne il flusso.

Naturalmente per usare l'acqua si doveva pagare una concessione allo Stato.

Un tempo la ruota del mulino era di legno e, solo dopo le ristrutturazioni degli anni '30, venne sostituita con una di ferro. La ruota ha dei cassetti lungo la circonferenza che, riempiendosi d'acqua imprimono un movimento rotatorio alla ruota.

All'interno del mulino, in alto, sono collocati due palmenti, uno per il frumento ed uno per il grano turco. Ogni palmento è costituito da due macine di pietra, una inferiore fissa chiamata "dormiente" ed una superiore mobile detta "girante", fra le due macine c'è una fessura dove avviene la frantumazione dei cereali e la loro espulsione verso l'esterno causata dalla forza centrifuga.

La distanza fra le due macine viene regolata tramite una manovella, e naturalmente più le macine sono vicine più la farina sarà fine. Ricordo che mio padre riusciva a determinare al tatto,fra le dita, la giusta consistenza.

Le parti interne delle macine non sono lisce ma presentano dei solchi disposti a raggiera, 12 più profondi e molti altri più piccoli, questi per l'attrito e lo sfregamento si consumano e quindi devono essere ripristinati con un'operazione che veniva chiamata "rabbigliatura" o "martellatura". Il mugnaio si accorgeva della necessità di questi interventi quando la macina "scaldava", ovvero quando la farina usciva più calda del solito; infatti, con i solchi rovinati e poco profondi il grano necessita di più tempo per essere macinato.

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