Associazione Culturale VARZI VIVA
La collina del belvedere
M. Macario
1° Premio - Sezione Libro Edito
"Cantico della resa mortale"


Motivazione della Giuria:
Nell'opera di Macario si fondono più stili e più stati d'animo. Dalla rabbia al dolore, dal perdono al ricordo. Col suo stile a volte veemente e iconoclasta, a volte di una modernità surreale che sfocia nell'intimismo più puro, Macario getta un ponte importantissimo tra una certa cultura d'oltreoceano e un'impronta nuova nella lirica italiana. Ma cosa più importante di tutte, l'opera di Macario è vera, si sentono scorrere le lacrime, il sangue e l'anima in tumulto che solo i veri poeti possiedono.



La collina del belvedere


nel giardino delle delizie
dammi sepoltura clandestina
nascondendomi così
ai garages pubblici dei morti
dove la folla silenziata
mi è pur sempre estranea
come lo Stato
che ancor più della morte
a te mi sottrae

dichiarandomi scomparso
sui verbali del nulla
fingendoti donna tradita
e parla male di me
affinché i paggi neri
portino altrove
la deferenza di servizi
per quel sequestro di persona
ordito da un mandante intoccabile

dì loro che qui
è riserva indiana
e Santa Romana Chiesa
non entra
col suo turibolo di cancri odorosi
e la certezza che l'utopia inapparsa
debba spalancare le porte
alla lugubre processione
di impiegati mistici
venuti a umiliarmi
con la loro assoluzione
non affidare le mie spoglie
a questa gente di Transilvania
che s'appropria delle salme
per sostenere l'Opus Dei
con un macrabo still life
se c'è un Dio
è la tua mano al crepuscolo
che carezza la mia terra
come nudo fosse il corpo
e ancora tutto in fiore

tu sola
hai diritto
di trovarmi rifugio
molto più a sud
dell'eternità inventata
in onore delle etnie selvagge
che non sbattono su un carro
i bei resti dei tempi andati
trafugarmi è sacro
se per reciproca appartenenza
legittimiamo i luoghi
del nostro immaginario
da qui al muro di cinta
scegli un angolo ombroso
dove tu possa con i gatti
sdraiarti nell'ora magica
d'estate
e cura la vendemmia del glicine
lasciando filtrare nell'erba
quei rivoli viola
che mi travasano a volte
un'illusione di cielo

è bello immaginarti
in cucina verso sera
nel tuo scialle
infreddolita
lottare alla finestra
pensandomi immenso
nel mio sottomare
da non più trovarmi
neanche con le unghie
amore che non si dice
in poesia
per timore di scomunica
adesso che è silenzio
qui davanti al belvedere
te lo dico senza stile
e depongo anche il verso
come ora io vivessi
la vita dall'inizio

verrà un tempo
da leggenda popolare
diranno sottovoce
è la donna della casa sommersa
e quando le sterpaglie
saliranno alle finestre
leggerai nell'abbandono
la rinascita all'assenza
tu spogliati
vecchia e bellissima
e avanza in quelle onde
verso l'angolo ombroso
non temere di sparire
dentro la serra fantastica
sirena e squalo
torneranno liberi
nell'alta marea